Il Consiglio del Piemonte ha approvato una legge che pone il servizio di Uber fuori legge sul territorio regionale. Affiancata da un ancor più duro testo dei Fratelli d’Italia, la proposta è venuta da Forza Italia e da Gianluca Vignale, già esponente di Progett’Azione, poi emendata dal PD sulla parte delle sanzioni. Secondo i media subalpini la legge è passata su impulso della Giunta Chiamparino che ha quindi cavalcato la proposta di Vignale e la protesta dei tassisti. Non è transitata neppure dalla plenaria, è bastata la commissione trasporti in sede legislativa, con l’accordo dei capigruppo. Insomma, politicamente all’unanimità.
Renzi aveva provato Uber a New York un anno fa, e l’aveva trovato “straordinario”. D’altra parte il mondo va avanti, la sharing economy fa passi da gigante, e i conservatori resistono per qualche tempo. Il modesto e leggero slancio riformista del governo nazionale non sembra contagiare i territori, né in Liguria, né in Veneto, né in Piemonte, con un consiglio regionale sommerso dalle mozioni in difesa di questo o quell’interesse. Si sarebbe potuto affrontare la questione in modo diverso, tenendo conto delle prime proposte nazionali, della posizione dell'Autorità nazionale per la concorrenza e il mercato, delle questioni che si aprono sotto il profilo fiscale, o della sicurezza. Invece la legge piemontese è secca e anche un po' becera: la sharing economy vada a farsi friggere, punto e basta.
Eppure non dobbiamo sentirci soli. Immaginiamo il mondo tra dieci anni, con altre innovazioni e rapidi cambiamenti. Oppure immaginiamolo anche solo fra un anno, dopo le elezioni comunali di Torino e forse regionali, ancora tra instabilità e nuove applicazioni da inventare.
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